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Valentina Rubertelli (collaboratore di idealista news)19 marzo 2021, 8:21
Articolo scritto da Valentina Rubertelli, Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato

Il Paese ed il mondo intero stanno attraversando il momento di più profonda crisi economica dopo quella del dopoguerra, crisi che ha piegato tutti i settori dell’economia, non meno quello delle compravendite immobiliari.

Il rapporto Istat, pubblicato proprio pochi giorni orsono, conferma un calo delle compravendite nella prima metà del 2020: nel primo trimestre il totale ammonta a 157.126 (-17,9% rispetto al IV trimestre 2019 e -17,7% su base annua) e a 149.764 nel secondo trimestre (-17,3% rispetto al trimestre precedente e -30,8% su base annua).

Il Consiglio Nazionale del Notariato, già a maggio 2020, aveva pubblicato i dati che fotografavano l’andamento del mercato immobiliare e dei mutui in Italia nel mese di marzo 2020 in 10 grandi città italiane (Roma, Milano, Napoli, Bari, Bologna, Torino, Palermo, Cagliari, Verona, Firenze) durante la fase 1 dell’emergenza Covid-19.

In particolare i Dati statistici notarili registravano il calo delle compravendite di fabbricati abitativi (case e pertinenze) che si attestava intorno ad un -25% a Bologna e Firenze, fino a riduzioni di oltre il 50% a Milano (dovuto anche alla chiusura a singhiozzo delle conservatorie dei registri immobiliari), e a Verona.

A Roma, Napoli, Bari e Palermo si registravano invece flessioni tra il 43% e il 47% circa (il rapporto completo è disponibile online ). La “consistente diminuzione” delle compravendite si è verificata improvvisamente nel primo trimestre 2020, dopo cinque trimestri consecutivi nei quali l’indice aveva superato i valori medi del 2010. Ci sono stati quindi, evidentemente, significativi momenti di crisi durante il lockdown.

Ciononostante, subito dopo la rinnovata possibilità di spostarsi tra le regioni e la graduale riapertura delle attività economiche, si è manifestata una voglia molto forte di acquistare casa, dettata non solo dalla necessità di concludere le transazioni lasciate in sospeso (nonostante i nostri studi siano sempre rimasti aperti perché riconosciuti dal legislatore come “attività essenziali”), ma anche da una forma di reazione alla chiusura forzata.

L’obbligo di rimanere chiusi dentro le mura domestiche ha portato infatti gli italiani a sviluppare nuove esigenze, prima fra tutte quella di un maggiore spazio, a discapito della centralità dell’abitazione, il che ha modificato profondamente a livello qualitativo il mercato immobiliare. Nelle città, infatti, l’effetto più evidente della progressiva affermazione dello smart working si è manifestata nella compravendita di immobili più grandi, che comprendano almeno un ambiente destinato ad uso ufficio. Come conseguenza, si registra sempre più spesso la tendenza a spostare la prima casa di chi risiedeva in una metropoli, sia nell’hinterland della metropoli stessa, sia in altre province della stessa regione e non. Uno spostamento in parte dettato dalla necessità di acquistare laddove i prezzi sono più contenuti e vi è maggiore disponibilità di metrature più ampie nonché di soluzioni indipendenti.

Un’altra esigenza molto sentita, e registrata nei nostri studi da nord a sud, sempre legata alle realtà metropolitane, è quella di avere più spazi verdi a disposizione della famiglia: giardini o terrazzi che siano, il lockdown ha indubbiamente fatto aumentare la preferenza per le zone “green” per cui sempre più clienti scelgono i borghi di montagna al nord e le località di mare al sud.

Anche la varietà culturale e geografica del nostro Paese si sta esprimendo nel cambiamento qualitativo del mercato immobiliare residenziale impattato dall’emergenza covid. Fuori dalle grandi città, infatti, nelle regioni meno urbanizzate, come quelle del centro Italia, dove la metratura degli immobili si attestava già intorno ai 100 mq, ed il verde è sempre stata una risorsa mai messa in discussione, abbiamo registrato una rivitalizzazione della vendita dei ruderi e più in generale degli immobili da ristrutturare all’interno dei centri storici e non. Le politiche fiscali, come quelle del bonus 110%, hanno infatti incentivato l’acquisto di una tipologia di immobile perlopiù vecchio e con rendimenti energetici scadenti, venduto a prezzi bassi nell’ottica della ristrutturazione a costo zero e conseguente rivalutazione del bene.

Anche nelle zone costiere, come ad esempio il litorale marchigiano, o le zone più turistiche della Sicilia, sembra che il mercato delle abitazioni residenziali abbia retto il contraccolpo della crisi pandemica, nonostante – in particolare al sud – gli immobili commerciali e le seconde case stiano subendo la pesante contrazione del turismo a causa della battuta d’arresto degli investitori internazionali.

Malgrado la crisi profonda che stiamo vivendo, quindi, il mercato immobiliare residenziale sembra non aver perso appeal per le famiglie italiane, come confermato dalla sostanziale tenuta dei prezzi, che da nord a sud non hanno subito un crollo verticale rispetto agli anni precedenti.

Sono già emerse chiaramente le tendenze – e qui lo smart working e i bonus fiscali giocano un ruolo fondamentale – che potranno rivitalizzare i centri più piccoli e dare nuova linfa al mercato.
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